1. Lean Production, cos'è
I 7 sprechi MUDA si inseriscono nella cornice della Lean Production: ma di cosa si tratta? La Lean Production, o produzione snella, è un termine coniato nel 1988 dall’ex ingegnere Toyota John Krafcik. Questa espressione fa riferimento all’insieme dei principi e delle strategie che mirano a portare i processi produttivi al loro livello più performante. La Lean Production è inserita in un approccio olistico più ampio, quello del Lean Thinking, una strategia operativa che mira ad aumentare la produttività e ridurre gli sprechi.
La produzione lean nacque dal genio giapponese proprio negli stabilimenti Toyota degli anni ’50. Il Paese versava in una profonda crisi a seguito degli esiti della guerra, e applicare la catena di montaggio e la produzione di massa del modello di Henry Ford mal si conciliava con la situazione economica giapponese.
Il giovane ingegnere Toyota Tahichi Ono individuò nel modello americano una serie di sprechi in produzione che incidevano pesantemente sulla produttività.
Ideò un nuovo approccio che permettesse di produrre articoli di alta qualità, a basso costo, con lead time ridotto e molta flessibilità. L’adozione di queste nuove pratiche in produzione, dette anche Toyota Production System (TPS), portò Toyota a diventare il leader mondiale nel campo dell’automotive, record che detiene ancora oggi.
Il caso Toyota è stato poi ripreso da due studiosi del MIT di Boston nei primi anni ’90, Womack e Jones, che hanno teorizzato e codificato la filosofia giapponese.
Alla base di queste teorie vi è la consapevolezza che in ogni azienda sono presenti processi a valore aggiunto, che generano un valore per il cliente, e processi a non valore aggiunto, ossia gli sprechi.
Parte di questi sprechi è necessaria per il funzionamento dei processi e nell’impossibilità di eliminarli del tutto si cerca di ridurli al minimo: vengono definiti lavoro di non-valore aggiunto e un esempio possono essere le scorte di protezione che garantiscono disponibilità di materiali di approvvigionamento critici o di articoli ad alta rotazione. La parte di sprechi in produzione “puri” invece è quella che non ha nessuna utilità e si mira a eliminarla del tutto.
La Lean Production si basa anche su 5 principi che analizziamo di seguito.
1.1 I 5 principi della Lean Production
1. VALUE
- Si parte dal concetto di Valore, che deve essere concepito dal punto di vista del cliente. Il valore che percepisce il cliente non è necessariamente tutto quello che l'azienda considera come valore creato ma è l'unico valore per cui il cliente è disposto a pagare: bisogna ripartire da qui.
2. MAP
- Una volta definito il valore, è necessario mappare tutte le attività che concorrono alla sua creazione. Non tutte queste attività vengono percepite come un valore aggiunto dal cliente: vi sono anche quelle che non creano valore ma sono necessarie e quelle che sono puri sprechi, destinate quindi all'eliminazione
3. FLOW
- Dopo aver eliminato gli sprechi, ci si concentra sulle attività che creano valore. L'obiettivo è quello di creare per loro un flusso costante, che non preveda inceppamenti e che sia facilitato da struttura e personale adeguati.
4. PULL
- Il quarto punto riguarda la domanda: con il metodo Pull l'intento della Lean Production è quello di produrre solo in risposta alla domanda del cliente, evitando l'accumulo di scorte inutili che poi finirebbero per essere svendute per liberare spazio. In questo modo la domanda si stabilizza.
5. PERFECTION
- Messi in atto tutti questi accorgimenti, è opportuno monitorarli e cercare di perfezionarsi costantemente per non sprecare i vantaggi raggiunti.
1.2 I risultati della Lean Production
Stando a quanto riportato da Il Sole 24Ore nel suo articolo “Gli effetti positivi della Lean Production” è stato dimostrato che le aziende che hanno adottato la produzione lean hanno riscontrato una crescita di performance del 60% in 7 anni.
Notevoli benefici anche nel settore della redditività, cresciuta del 18,85% in 3 anni e del 63,69% in 5.
2. Gli sprechi in produzione
Uno dei principi della Lean Production appena enunciati si fonda sulla necessità di individuare quei processi che consumano risorse senza però produrre un effettivo valore: in breve, gli sprechi. Si tratta di sprechi di materiale, ma anche di tempo, di denaro, di competenze dei lavoratori. La produzione lean ha come obiettivo quello di ridurre gli sprechi aziendali e perciò li divide in tre categorie:
1 – MUDA
2 – MURI
3 – MURA
Sprechi MUDA
Questa parola identifica genericamente lo spreco, quindi ogni attività che non produca valore. Nella filosofia Lean sono stati identificati originariamente i 7 sprechi della Lean: trasporto, scorte, movimentazione inutile, tempi di attesa, sovrapproduzione, eccesso di lavorazione, scarti e skills dei lavoratori ignorate. Approfondiremo ciascuno di questi aspetti nel prossimo paragrafo.
Sprechi MURI
Opposti ai Muda, sono gli sprechi dovuti al sovraccarico di persone e macchinari. Nel primo caso, i dipendenti oberati di lavoro manifestano stress, prestazioni inferiori, più rischio di incorrere in incidenti e periodi di malattia, e soprattutto un livello di insoddisfazione generale che alla lunga logora del tutto la motivazione. Nel caso dei macchinari, invece, un sovraccarico può portare a un aumento dei guasti e degli scarti, ricadendo quindi nello spreco Muda corrispondente. In entrambi i casi è ottimale organizzare il lavoro, standardizzare le procedure e cercare di assicurare un flusso costante di lavoro senza incorrere in picchi di produttività, sia in positivo che in negativo.
Sprechi MURA
Riguardano l’incostanza della produzione, ossia quando non c’è un flusso costante ma periodi in cui c’è troppo (o troppo poco) lavoro da svolgere rispetto ai macchinari e gli operati presenti. Sono dovuti a disparità, programmazione poco efficace e fluttuazioni troppo incerte della domanda causate da problemi interni, mancanza di materiali, periodi di inattività e difetti. È opportuno, per questo tipo di sprechi, bilanciare l’oscillazione della domanda e della produzione.
3. Sprechi MUDA, cosa sono
Nella filosofia giapponese lean, gli sprechi in produzione sono detti Muda. Sono il “nemico” contro cui combattere, poiché risucchiano risorse preziose e non restituiscono alcun valore. Riguardano vari ambiti della produzione e identificarli ha lo scopo di riuscire a presentare una soluzione specifica per ridurre gli sprechi aziendali.
Eliminare gli sprechi porta a un diretto incremento dei margini di profitto.
I Muda sono tradizionalmente 7, ma ce n’è anche un altro molto importante che vale la pena di considerare. Per ricordare i 7 sprechi della lean abitualmente si utilizza l’acronimo TIMWOODS.
3.1 T – Transportation – Trasporto
I trasporti, siano essi interni o esterni, sono una perdita per la produttività. Queste azioni, che comprendono la movimentazione delle materie prime, semilavorati e prodotti finiti tra aziende, terzisti, clienti e fornitori, così come anche le movimentazioni interne degli articoli tra un reparto e l’altro, sono soggette al rischio di danneggiamenti, ritardi e perdite del prodotto.
Oltre a questo, la voce trasporti nel bilancio ha un certo peso se si pensa al costo dell’attrezzatura per la movimentazione dei materiali, il costo del personale e la relativa formazione, così come le precauzioni di sicurezza, lo spazio extra da prevedere per muovere i materiali, e altro ancora.
A questo Muda si correlano altri due sprechi: la sovrapproduzione e le scorte. Quando un impianto produce in sovrabbondanza infatti è necessario spostare la merce per fare posto. Allo stesso modo, l’incertezza provocata dalla variabile dei trasporti, soggetta a rischi di perdita o ritardo della consegna, porta l’azienda a prevedere un’eccessiva dose di scorte che vadano a sopperire eventuali disguidi nella ricezione della merce.
Spesso gli sprechi di produzione legati ai trasporti sono generati da un layout dei flussi inefficiente, o anche dall’errata considerazione dei trasporti, di qualunque entità, come un elemento imprescindibile e irrinunciabile per la produttività.
3.2 I – Inventory - Inventario, scorte
Uno stoccaggio eccessivo è considerato una perdita. Stando al conto economico tradizionale, può sembrare che la merce ferma in stock non comporti nessun costo, ma non è così. Si tratta di un capitale vincolato e immobilizzato, che qualcuno ha acquistato, prodotto e movimentato, il tutto non senza un costo. La superficie e il volume occupati dalle scorte hanno un costo. La merce è poi soggetta al rischio di danneggiamento, di obsolescenza o perdita delle sue caratteristiche intrinseche, oltre che al rischio di diventare un oggetto da smaltire senza aver generato alcun valore.
Ma cosa porta al rischio di uno spreco di inventario? Spesso la causa principale è un altro spreco di produzione, la sovrapproduzione (produrre più del necessario).
Un’altra causa è legata alla sfiducia dell’ufficio acquisti nei confronti dei fornitori, che porta ad accumulare scorte eccessive per paura che ci siano ritardi nelle forniture. La sfiducia si estende anche ai processi aziendali che, se non ottimizzati, diventano lenti e incostanti, e la paura che non riescano a produrre la merce desiderata in tempo spinge a produrne di più. L’attrattiva degli sconti sui grandi stock è un altro fattore che spinge ad acquistare grosse quantità di merce per riuscire a “fare l’affare”.
Tuttavia spesso non si è consapevoli che è proprio il materiale fermo in magazzino quello più dispendioso (parliamo di Total Cost of Ownership – TCO). Vediamo quindi come l’inefficienza dell’ufficio acquisti sia una causa di eccessivo stoccaggio merce: si tende a preferire pochi ordini che comprendano quantità molto grandi per mantenere un alto tasso di scorte. Tuttavia sarebbe preferibile fare più ordini per minori quantità in modo da mantenere un basso valore di magazzino.
3.3 M – Motion – Movimento
Il Muda movimento si riferisce a tutti gli spostamenti che vengono effettuati all’interno dello stabilimento aziendale o nell’area produttiva. Sono uno spreco perché nella quasi totalità dei casi si tratta di azioni che non apportano alcun valore aggiunto e per le quali il cliente non intende pagare. Dal momento che eliminare del tutto i movimenti all’interno dell’azienda non è possibile, la Lean production si propone di ridurli al minimo, individuando solo quelli essenziali.
Nel caso degli sprechi di movimentazione interna, occorre sempre osservare attentamente la disposizione di macchine e persone all’interno dello stabilimento. Spesso le postazioni sono male organizzate e gli operatori si ritrovano a dover camminare a lungo nella fabbrica per reperire i materiali e riallestire le loro postazioni: questo causa perdite di tempo e rischi collegati alla sicurezza. I materiali a volte sono troppo distanti dalle linee produttive che richiedono il loro rapido utilizzo, oppure sono disposti in maniera inefficace su scaffali non opportunamente attrezzati, con conseguenti possibili rischi di infortunio per gli operatori che si trovano a doverli recuperare in velocità.
In questi casi è essenziale mappare gli spostamenti degli operatori nello stabilimento durante i turni, per esempio attraverso una spaghetti chart, in modo da quantificare gli sprechi di tempo in produzione e visualizzare come migliorare il layout dei movimenti. Attribuire dei valori oggettivi a questo tipo di spreco è fondamentale, al fine di poter apportare dei miglioramenti reali, misurabili e monitorabili nel tempo.
3.4 W – Waiting – Attesa, tempi morti
I tempi morti, come abbiamo visto anche parlando di OEE, sono uno spreco decisamente importante sul bilancio finale delle performance produttive. Ogni volta che i dipendenti o i macchinari sono fermi senza fare nulla, il costo di quel tempo viene sottratto direttamente al profitto. Ancor più grave, spesso quel tempo deve essere recuperato facendo straordinari, pagati a tariffa maggiorata: un’ulteriore erosione della marginalità di profitto.
Le cause dei tempi prolungati di attesa sono spesso da attribuire a processi produttivi sbilanciati: non vi è un equilibrio tra la durata delle varie operazioni, e questo implica che gli operai si trovino fermi ad aspettare che il macchinario finisca per poter riprendere con un’altra mansione, oppure si produce l’attesa di materie prime da sottoporre a lavorazione. Anche la sovrapproduzione e lo spreco di inventario causano attese inutili, in quanto il materiale deve essere immagazzinato e spostato da una parte all’altra dello stabilimento. Sempre parlando di movimentazioni, a volte capita di non disporre di attrezzature sufficienti per le manovre da fare, o che queste siano mal organizzate, con il risultato che a tutti potrebbe servire, per esempio, lo stesso muletto nello stesso momento. Oltre a questo, anche una mancanza di comunicazione o una diffusione di informazioni errate possono causare uno stallo degli operatori che si ritrovano senza delle direttive chiare su quello che devono fare.
Una conseguenza da non sottovalutare del Muda di attesa è lo stress che questo provoca nei dipendenti. Questi ultimi vivono gli effetti di una cattiva gestione e di cattive pratiche che alla lunga, oltre a provocare inutili attese e sprechi in produzione, innescano un logoramento pericoloso che rischia di portare alla perdita della risorsa, con il conseguente costo ulteriore che implicherebbe la ricerca di un altro dipendente, la sua formazione e la sua entrata in azienda.
3.5 O – Overproduction – Sovrapproduzione
La sovrapproduzione è forse lo spreco Muda più pericoloso tra i 7 sprechi della lean, perché da essa dipendono gran parte degli altri Muda. È uno spreco che va contro i principi stessi della Lean production, che mira a correlare la produzione alla domanda del cliente, minimizzando la quantità di scorte.
La sovrapproduzione comporta costi ingenti, proprio perché scatena una cascata di altri sprechi egualmente esosi. Prima di tutto, avere una quantità spropositata di merce ferma immobilizza una quantità importante del materiale che potrebbe essere reinvestito o utilizzato per far fronte alle mutevoli esigenze del mercato attuale, oltre che utilizzato per produrre altre risorse che generino un effettivo valore. Questo Muda comporta costi di manodopera, materiali, macchinari, imballaggi, trasporto, difetti, superficie logistica per lo stoccaggio ed eventualità di deperibilità e obsolescenza.
Tutto questo, perché? Perché le aziende producono in eccesso?
La risposta più gettonata probabilmente riguarda la produzione, nell’ottica in cui “The production must go on”: si deve produrre molto e velocemente, anche se poi questo ritmo non è compatibile con le vendite basse né con la domanda del cliente.
Spesso la sovrapproduzione è data anche dai lunghi tempi di settaggio dei macchinari: dal momento che una macchina impiega un tempo importante per essere impostata e arrivare a regime è necessario produrre molto per ammortizzare quell’intervallo di set up.
Si insinua poi anche qui, come per gli sprechi di inventario, una sostanziale sfiducia nei confronti dei fornitori e dei processi interni allo stesso modo. Per paura di ritardi da parte dei fornitori si accumulano scorte non necessarie; mossi dallo stesso sentimento, si prevedono più scarti di quelli effettivi e quindi si tende a produrre in inutile abbondanza, causando sprechi di produzione.
Dall’altra parte invece agisce l’eccesso di ottimismo: produrre in quantità elevate con la speranza di riuscire a piazzare tutto sul mercato.
A volte anche l’utilizzo errato dell’ERP aziendale o del MES può portare a un aumento eccessivo delle quantità prodotte e a un conseguente spreco Muda.
La sovrapproduzione in sé innesca una serie di altri sprechi: più merce richiede più spazio per essere stipata, e dovrà poi essere a sua volta movimentata, e se obsoleta o deperita andrà a costituire un rifiuto aziendale.
3.6 O – Overprocessing - Extra lavorazione
Il Muda di Extra-lavorazione si riferisce a tutti quei processi di eccessiva rifinitura che aumentano il costo di lavorazione ben oltre rispetto a quello che il cliente è disposto a pagare. In breve, viene creato più valore del necessario e si erode il margine di ricavo. Non è facilmente individuabile, poiché viene mascherato da un’altissima qualità del prodotto.
Questo Muda comporta un aumento dei costi in termini di personale, macchinari e materiali impiegati, usura delle attrezzature, ma soprattutto si spreca l’opportunità di produrre altri prodotti e servizi che possano portare realmente valore aggiunto all’azienda.
A causare l’overprocessing concorrono diversi fattori, tra cui la mancanza di specifiche di lavorazione che possano guidare in modo chiaro gli operatori nell’individuazione del reale valore aggiunto, con la conseguenza che questi lavorano nel miglior modo possibile, spesso sprecando tempo non necessario.
Un altro fattore è la mancanza di standard operativi SOP (Standard Operation Procedure) che delineino chiaramente le metodologie più efficaci per lo svolgimento di una mansione, in modo da non lasciar spazio a iniziative personali e fantasiose.
In ultima istanza troviamo l’eccessiva puntigliosità degli uffici progettazione, che spesso richiedono un livello di precisione troppo elevato e che soprattutto non viene percepito dal cliente: si tratta quindi di uno spreco di precisione che non coincide con un ritorno economico e finisce tra gli sprechi di produzione.
3.7 D – Defects – Difetti e scarti
Forse il più semplice da individuare: gli scarti occorrono quando i prodotti risultanti dalla produzione non incontrano gli standard di conformità attesi. Talvolta l’errore è riparabile e l’articolo viene sottoposto a rilavorazione, non senza uno spreco di tempo e manodopera. Qualora invece la merce fosse irrimediabilmente danneggiata si procede a scartarla come rifiuto aziendale.
I costi associati agli scarti sono molteplici: da quelli legati ai materiali, alla rilavorazione, alla risoluzione tempestiva dei problemi, al trasporto, alle pratiche burocratiche, ma soprattutto all’allungamento dei tempi di consegna o direttamente a mancate consegne che spingono i clienti a rivolgersi ad altri fornitori.
I difetti annoverati tra gli scarti di produzione all’interno dei 7 sprechi della lean sono spesso dovuti a settaggi non ottimali e differenze di lavorazione tra operatori e turni diversi: ciò avviene quando non vi sono delle chiare linee guida da seguire per la produzione di un certo articolo. A volte lo stesso layout di progettazione non contempla come prerequisito la facilità di assemblaggio, portando a una dispersione della forza lavoro su processi che non garantiscono un’ottima qualità.
Altri motivi che portano alla creazione di scarti sono la scarsa performance dei macchinari, dovuta a una manutenzione insufficiente.
Ancora, una politica che metta al primo posto la quantità piuttosto che la qualità, magari aumentando la velocità di produzione, porterà inevitabilmente a degli scarti.
Anche un personale poco formato può causare un aumento degli sprechi in produzione: per esempio, un operatore inesperto, rilevando un pezzo non perfettamente conforme, potrebbe preferire scartarlo invece che rilavorarlo, aumentando così esponenzialmente i pezzi sprecati alla fine della giornata.
Infine sono da considerarsi resi anche le merci difettose che, per mancanza di adeguato senso critico degli operatori o per semplice svista, vengono inviate al cliente: in quel caso, oltre al costo del reso e della produzione di un nuovo articolo, pesano economicamente anche il danno di immagine e i suoi strascichi.
3.8 7+1: S – Skills – Formazione personale e skills
Questo Muda è un bonus, non fa parte dei 7 Muda del TPS originario, tuttavia si tratta di uno spreco non da poco, che interessa l’esperienza attiva di ogni dipendente all’interno dell’azienda. Lo spreco di skills avviene ogni volta che si prospetta una discrepanza tra mansioni lavorative, formazione dell’operatore e attitudini caratteriali che non permette al dipendente di esprimere il meglio di sé professionalmente.
Ci sono varie sfaccettature dello spreco di formazione: spesso si vedono dipendenti molto qualificati svolgere mansioni squalificanti e per loro demotivanti e, al contrario, personale che manca delle competenze necessarie per svolgere correttamente i compiti assegnati.
Questo mancato “incastro” tra mansioni e competenze riguarda le hard skills, ossia quella serie di conoscenze “misurabili” perché inserite all’interno del quadro delle certificazioni e dei titoli di studio: si parla di lauree, master, corsi, ma anche tirocini ed esperienze lavorative significative. Tuttavia questa serie di conoscenze ormai non è più sufficiente nel mondo del lavoro: si osserva sempre più spesso che non necessariamente una persona plurilaureata sia in grado di assolvere a un determinato compiti o anzi, che abbia difficoltà a relazionarsi con i colleghi o a fare squadra.
Ecco allora che arrivano in soccorso le soft skills, ossia le competenze trasversali: tutte quelle abilità intrinseche della persona, non misurabili, ma necessarie a costruire una squadra variegata che sappia colmare le lacune di ognuno e valorizzare i talenti. Lo spreco in produzione, in questo caso, avviene quando le persone occupano ruoli che richiedono soft skills che loro non possiedono, o egualmente, sprecano le loro competenze trasversali in ruoli assolutamente piatti. Una persona votata al lavoro metodico e preciso, magari da svolgere in autonomia, sarà in difficoltà in un ruolo creativo. Allo stesso modo una persona molto empatica e sensibile, che necessita di costante relazione con il prossimo, è sprecata a svolgere un lavoro ripetitivo.
Questo genere di sprechi, anche se non sempre facilmente quantificabile, è molto importante da monitorare, poiché incide in modo decisivo sulla soddisfazione dei dipendenti, che – non è un mistero – è correlata direttamente con la loro produttività.
La Lean Production si impone quindi di combattere questi 7 sprechi con un approccio che mira alla valorizzazione degli elementi presenti, cercando di minimizzare le perdite. È una filosofia ancora troppo poco diffusa in Italia, ma in rapida espansione. Dalla nostra esperienza in numerose aziende del nostro territorio abbiamo rilevato che il modello di produzione attuale non è più sostenibile: occorre evolversi al più presto per rimanere competitivi sul mercato.
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